venerdì 3 dicembre 2010

Sognando un'università migliore

E' un inverno caldo sul fronte universitario.. La contestatissima riforma Gelmini ormai è diventata realtà e sicuramente le proteste non accenneranno a diminuire, anzi.
Ogni Ministro dell'Istruzione ciclicamente propone una riforma che vorrebbe salvare la scuola italiana, e ogni volta puntualmente scattano le dovute proteste. Eppure non ricordavo una mobilitazione pari a quella che ha scatenato Maria Stella Gelmini: cortei, striscioni, occupazioni, fino alla novità della conquista di tetti vari da cui gli studenti manifestano tutto il loro scontento.
I punti più scottanti della riforma riguardano il pesante taglio ai fondi destinati alle borse di studio ed alla ricerca e l'incremento del precariato per i ricercatori, ma il problema vero ed urgente è dato dallo stato generale dell'università italiana. Programmi accademici polverosi, baroni e privilegi intoccabili, sostegno economico e riconoscimento del merito inesistenti, mancanza di competitività degli istituti.. Potrei continuare per ore fidatevi, ma mi limito ai problemi più urgenti ed evidenti. Il dato allarmante è che non solo noi studenti ci siamo accorti da tempo dello stato delle cose, ma da alcuni tempi sembra che anche tra gli accademici qualcosa si stia muovendo: penso a Roberto Perotti e Pier Luigi Celli per esempio.
Il primo, laureato al Mit di Boston in Economia, ha insegnato per dieci anni alla Columbia University ottenendo una cattedra a vita, per poi decidere di tornare in Italia ed insegnare alla Bocconi. Proprio in quelle aule (per altro una delle poche Università italiane di un certo prestigio) ha capito il disagio dell'istituzione accademica e lo ha denunciato in libro in cui denuncia carriere bloccate, mancanza di meritocrazia, fuga dei cervelli. Un "duro atto di accusa contro l'università italiana", vista ed analizzata dall'interno, sicuramente amaro ma che lascia spazio a proposte e spunti per riforme concrete. Forse i vari ministri dovrebbero partire da qui: entrare davvero in quelle aule, conoscere le persone che occupano quei banchi e che credono ancora nel valore dell'istruzione, proporre soluzioni utili e concrete, che non vengano distrutte chi prenderà la loro poltrona di comando.
Amche Celli conosce bene il contesto accademico, nello specifico la Luiss di Roma, ed è entrato nell'occhio del ciclone con una lettera aperta indirizzata al figlio nella quale consiglia il figlio di lasciare il Bel Paese, dove difficilmente avrà la possibilità di dimostrare il proprio valore. Ovviamente le polemiche si sono scatenate, ma in fondo cosa ha detto di tanto assurdo Celli?! Forse in questo nostro Paese è possibile avere tutti le stesse possibilità, indipendentemente dal luogo da cui proveniamo o dal numero di zeri nel nostro conto in banca? Ed è una cosa giusta studiare faticosamente, spesso senza percepire alcun aiuto economico dallo Stato, prendere una laurea, poi una specializzazione, magari un master e un dottorato per finire con l' accettare un lavoro qualunque, purchè ci dia un minimo di indipendenza economica anche se non si avvicina neanche al campo di studi per cui tanto abbiamo faticato?
Proprio il nostro Paese, che ha dato i natali ad uomini e donne che si sono distinti per il loro acume e la loro cultura, con le nostre università antichissime un tempo tanto prestigiose ed ora così arcaiche e polverose. La mancanza di competitività degli istituti e il desiderio di veder riconosciuto il proprio valore, ci spingono sempre più a cercare altrove il nostro posto, ma soprattutto ci spingono a salire su quei tetti e gridare a chi ci guarda da laggiù tutta la nostra rabbia e il nostro orgoglio.

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